Giovanni Aretino, scrivendo la vita di S. Zanobi, vescovo fiorentino, narra che il Santo
Vescovo, donando tutti i suoi possessi ai poveri, fondò a Passignano nel 395 una comunità di
monaci. Questa data tuttavia non ha riscontro storico, così come poco probabile sembra la data 989 (o 899) col nome di un certo Sichelmo come primo
fondatore. Certo è che le più antiche pergamene appartenenti all'archivio della Badia portano la data del 891.
La dedica della chiesa a S. Michele, suggerisce come epoca della fondazione quella
longobarda. Nel 1049 la Badia di Passignano viene donata a S. Giovanni
Gualberto. Per meglio comprendere la storia di Badia a Passignano, è necessario conoscere prima, almeno
sommariamente, la figura del grande Santo Fiorentino, S. Giovanni
Gualberto, fondatore dell'Abbazia di Vallombrosa, dalla quale prendono nome i
Monaci Vallombrosani.
Abbey at Vallombrosa
Giovanni, figlio di
Gualberto, nacque a Firenze verso il Mille da famiglia nobile. I tristi tempi di lotte fratricide lo trovarono ancora giovane al bivio dell'odio e
dell'amore. Un suo parente, forse il fratello Ugo, fu assassinato e a Giovanni, secondo il costume del tempo, fu assegnato il compito di vendicare l'oltraggio con la morte
dell'uccisore. Il drammatico incontro avvenne in una strettoia fuori porta S.
Miniato, a Firenze.
Di fronte al nemico che, tremante e con le braccia stese in forma di
croce, invoca pietà, Giovanni getta la spada, scende da cavallo e concede il
perdono. Sale poi alla Basilica poco distante di S. Miniato, si inginocchia davanti al
crocifisso. Il Cristo racconta il biografo del Santo, mosse il capo in segno di
approvazione. A motivo di questo gesto S. Giovanni Gualberto è riconosciuto come l'Eroe del
perdono.
In seguito a tale episodio, Giovanni decise di ritirarsi nel Monastero benedettino annesso alla basilica di S.
Miniato, vincendo le dure resistenze del padre.
Lo spirito indomito del cavaliere si trasfuse nel monaco e riemerse quando si trattò di difendere la
chiesa, deturpata allora soprattutto dalla simonia. Il suo ardente zelo evangelico si diresse contro lo stesso abate del
monastero, Oberto, e il vescovo di Firenze, Pietro Mezzabarba, entrambi
simoniaci. Non potendo scendere a compromessi e non riuscendo ad allontanarli dal loro
ufficio, decise di ritirarsi in solitudine.
Abbandonando quel monastero, dopo varie peregrinazioni, giunse a
Vallombrosa. Altri monaci e giovani, attratti dalla personalità e santità di Giovanni
Gualberto, lo seguirono e diedero vita alla nuova fondazione di
Vallombrosa.
Desideroso di esprimere una forma di vita monastica coerente con la regola di S.
Benedetto, vincolò la sua comunità alla stretta povertà evangelica, alla vita di preghiera e di comunione
fraterna, all'ospitalità e al lavoro.
La riforma monastica attuata a Vallombrosa fu l'opera principale di S. Giovanni
Gualberto; tuttavia con gli uomini usciti dalla sua scuola e la fondazione di nuovi
monasteri, contribuì grandemente ad una più vasta opera di rinnovamento
ecclesiale, di monaci, chierici e laici. Vivente S. Giovanni Gualberto, a Passignano vennero mandati alcuni del suoi più cari
discepoli: l'Abate Leto (dei conti Guidi) e il giovane Pietro
Aldobrandini, poi Cardinale di Albano.
L'Abate Leto restaurò subito il fatiscente monastero; fece costruire la chiesa di S.
Biagio, fuori del monastero, per accogliere i fedeli del luogo. L'abate Leto fu presente al sinodo romano del 1050 e preparò l'incontro del papa Leone IX con Giovanni Gualberto a
Passignano.
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Badia a
Settimo
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Il priore di Passignano Pietro, poi fu denominato " igneo ", perché camminò illeso in mezzo al fuoco a Badia a
Settimo, il mercoledì delle Ceneri, 13 febbraio 1068, costringendo il simoniaco vescovo di
Firenze, Pietro Mezzabarba, a lasciare la città.
Già in questo periodo la Badia di Passignano aveva un esteso patrimonio nei pivieri di
Sillano, di Campòli, di Cintoia, fino al Valdarno e alle porte di Siena con ospizi e
ospedali. Il 12 luglio 1073, nel monastero di Badia a Passignano, chiudeva la sua vita S. Giovanni
Gualberto, vedendo elevato al papato quell'lldebrando che, solo contro
tutti, nel sinodo romano del 1067 aveva difeso l'ideale monastico di Vallombrosa e salito al soglio pontificio col nome di Gregorio Vll fece sua la riforma vallombrosana e venne chiamata " riforma gregoriana "
(da Gregorio Vll).
La distruzione di Fiesole da parte di Firenze incise profondamente nel secolo
Xll, nelle vicende del Monastero. I Fiorentini, temendo una grave punizione da parte del Papa Onorio II, nel 1125 si rivolsero all'Abate di Vallombrosa S.
Atto, affinché intercedesse a loro favore presso il pontefice.
Il Santo Abate promise di intervenire a condizione che il Vescovo di
Firenze, in cambio di territori fiesolani occupati nel Mugello, cedesse al Vescovo di Fiesole la Pieve di
Sillano, di cui faceva parte anche il territorio di Passignano.
Questo distacco dalla diocesi di Firenze, spinse Passignano a seguire gli orientamenti politici di Siena; quando poi il Vescovo di
Fiesole, costretto a risiedere a Firenze, tentò di trasferire la propria sede a
Figline, per sottrarsi al dominio di Firenze, dal Monastero di Passignano (1175) fu acquistata la chiesa di S. Lorenzo per adattarla a
cattedrale. Ma i Fiorentini distrussero Figline e incendiarono i locali.
Contro Firenze la famiglia degli Alberti, progettò di costruire non una
fortezza, ma una città: Semifonte.Passignano contribuì a tale disegno con la costruzione d'una chiesa e di un
ospedale. Nel 1196 i Fiorentini distrussero gli edifici di Passignano e alcuni anni dopo demolirono fin dalle fondamenta la
città.
Nel 1255 il Monastero fu incendiato da alcuni membri della famiglia fiorentina degli
Scolari, subendo gravi danni, rimanendo tuttavia salva la chiesa. Nel 1266 fu posto a capo del Cenobio Ruggero del Buondelmonti per tenere lontana la famiglia degli Scolari e per ripristinare gli edifici
rovinati.
I lavori durarono fino alla fine del secolo. In una trave della capriata della chiesa ancora oggi si può leggere il nome del Buondelmonti con la data 1287.
L'Abate Ruggero partecipò anche in S.Trinita al convegno in cui fu decisa la venuta di Carlo di Valois e di conseguenza la cacciata del
guelfi bianchi
(e anche l'esilio di Dante). Nel 1312 l'imperatore Enrico
Vll, prima occupò il Monastero di S. Salvi a Firenze, poi si trasferisce nel Chianti e occupa il Monastero di
Passignano.
In questa circostanza, i monaci, sotto la minaccia di distruzione da parte delle truppe
imperiali, fecero voto alla Vergine di celebrare solennemente ogni anno il giorno 8 dicembre
(festa dell'Immacolata) purché rimanesse salvo il Monastero. Il voto fu adempiuto l'anno
stesso. Nonostante queste vicende, sempre nel sec. XIV vengono eseguite a Siena due pregevoli opere
d'arte: il reliquiario di S. Giovanni Gualberto, completato nel secolo successivo ed un polittico per l'altare maggiore (I358) di lacopo di Mino
(purtroppo andato perduto). Nel 1365 Santa Caterina da Siena scrisse due lettere all'abate Martino e una ai monaci di
Passignano, esortandoli a preferire la morte piuttosto che venire meno agli impegni della propria
professione.
Nel periodo del Rinascimento la Badia ebbe prospera fioritura per merito di due abati
fiorentini: Francesco Altoviti (1440-55) e Isidoro del Sera (1455-85), i quali rinnovarono l'edificio in molte
parti, costruendo una serie di grandiosi locali.
A questo periodo appartiene l'attuale refettorio con l'Ultima Cena di Domenico
Ghirlandaio. La comunità era composta da circa 30-35 monaci - una buona parte erano giovani novizi e
studenti.
Nel pieno splendore del Rinascimento (almeno nell'espressione dell'arte) tuttavia non mancarono problemi con le solite lotte interne alla
chiesa, che coinvolsero anche la Badia di Passignano, la quale non riuscì a sfuggire al rovinoso sistema della
commenda. Nel 1487 Lorenzo il Magnifico ottenne da Innocenzo Vlll che il Monastero di Passignano fosse dato in commenda al suo figlio Giovanni, il futuro Leone X, al quale i monaci dovettero pagare annualmente due mila fiorini
d'oro. Oltre a ciò, il 24 dicembre 1515, in occasione della visita del Papa Leone X al santuario
dell'Impruneta, Passignano prestò gli arazzi per adornare la chiesa.
Nella fine del sec. XVI si progettò di completare l'edificio rinascimentale col rifacimento della
chiesa; a tale progetto contribuì molto la presenza dell'artista locale Domenico
Cresti, detto il "Passignano".
Anche gli eventi del sec. XVI incidono profondamente nelle vicende di
Passignano. Gli spagnoli, occupata Firenze nel 1530, sconfiggono i Francesi nel 1565 ed occupano anche Siena, il cui territorio viene annesso a quello di
Firenze; di conseguenza si sposta il centro del potere politico, economico e militare e il Monastero di Passignano perse l'importanza strategica del secoli
precedenti.
Nel sec. XVIII, i monaci della Badia, spinti dal desiderio di riforma, furono coinvolti in parte nel seguire le idee del Vescovo Scipione del Ricci, che finì i suoi giorni a
Rignana, vicino a Passignano, e ivi sepolto nella cappella della propria
famiglia. Custode del resti di S. Giovanni Gualberto, il Monastero di Passignano ebbe sempre nell'ambito vallombrosano un posto di
prestigio. Per diversi secoli la Badia di Passignano è stato luogo di formazione e di studio di ogni ramo di
scienza: " ove pare, dice il Franchi, che la sapienza abbia, fino al dì d'oggi ( 1640 ) mantenuto in piedi le colonne delle sette arti liberali ".
Nel suo archivio erano raccolte più di sei mila pergamene, le quali per disposizione del Granduca Pietro
Leopoldo, furono unite alle 140.000 che possedeva l'archivio diplomatico di
Firenze. Le scritte in greco e in ebraico del coro ligneo della chiesa, stanno a testimoniare la competenza nelle lingue
orientali.
Negli anni 1587-88, le cronache del monastero si soffermano sulla presenza di Galileo
Galilei, il quale avendo studiato, da giovane, nell'Abbazia di
Vallombrosa, veniva a ritrovare i suoi vecchi insegnanti e nello stesso tempo dedicava ore di insegnamento ai giovani
Monaci. Nella metà del 1700 un monaco vallombrosano, D. Leto Guidi, costruiva qui a Badia a
Passignano, telescopi di ogni tipo che venivano installati nel vari luoghi
d'Europa.
Il 10 ottobre 1810, con la soppressione napoleonica, veniva interrotta anche a Passignano la vita
monastica; fu disperso una buona parte del patrimonio archivistico, bibliografico e
artistico. Furono dati in affitto i beni immobili: 40 poderi e 80 case coloniche oltre il
Monastero.
Con la restaurazione, il granduca Ferdinando III, nel 1816 ripristinò le Congregazioni Religiose e ai Vallombrosani furono assegnati solo i monasteri di
Vallombrosa, S. Trinita e Montenero. Nel 1818 i monaci, con pagamenti
dilazionati, riacquistarono la Badia di Passignano, e la sua tenuta, ricostituendo una piccola
comunità. Solamente nel 1858 fu possibile ridare all'antica Abbazia un Abate ed una comunità più
numerosa.
Ma la vita della comunità durò poco, poiché nel 1866 con una nuova soppressione di tutti gli ordini
religiosi, il governo regio italiano incamerò tutte le proprietà della Badia compreso il
Monastero, assegnandone una piccola parte a due monaci lasciati a custodia della chiesa e della
parrocchia.
Il 7 ottobre 1870, la Badia di Passignano e la sua proprietà, ( 39 poderi con 1264 ettari di terreno ) vennero messi all'asta e
venduti. Incomincia così per la Badia un lungo periodo di nascondimento e di silenzio e anche di
trasformazione; fu cambiato il nome: non più la Badia di Passignano, ma il castello di
Passignano, trasformando e aggiungendo nuovi elementi architettonici per dare l'aspetto del
castello.
All'inizio di questo secolo un visitatore così ha lasciato scritto: "La Badia di Passignano era prima un austero cenobio consacrato ai
Santi, dove la disciplina e il cilizio mortificavano i fianchi dei
monaci; ora invece è un ridente ,soggiorno, un elegante e pur maestoso
castello".
Prima di concludere con la data dell'ultimo avvenimento storico che ci
riguarda, mi piace riportare ciò che ha scritto un monaco, residente nella
Badia, all'inizio di questo secolo: "Tali sono le principali vicende di questo illustre Monastero nelle due soppressioni di Napoleone I e del governo
italiano. Ora conceda il Signore che il secolo testé incominciato riesca per la Badia a Passignano e per i Monaci Vallombrosani ben più fausto che non il secolo
XIX, e benedica i figli di Giovanni Gualberto, custodi del suo glorioso
sepolcro, perché siano emuli delle tradizioni gloriose del padri loro".
In realtà il desiderio di riprendere la Badia di Passignano è rimasto sempre vivo nel monaci Vallombrosani ed erano stati fatti vari tentativi negli anni
passati, ma solamente nel 1986, dopo 120 anni, con la buona volontà di alcune persone e con l'aiuto veramente tangibile di San Giovanni Gualberto è stato possibile il rientro dei Monaci nell'antica Badia di
Passignano.
BIAGIO DELLA VECCHIA
Priore della Badia di Passignano
Pubblicato in: Il monachesimo medievale nel Chianti, 1995
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